Arriva Settembre portando i suoi crepuscoli, araldo dell’autunno
incombente che riporta alla memoria storie, malinconie e rimpianti per intere
generazioni; ma anche esempi ed il ricordo di slanci che, per quegli stessi
cuori che sanno ascoltare, sentire e amare veramente possono scaldare e
riempire gli animi come spesso sanno fare gli ultimi raggi del sole nel dì che
muore.
Una di queste storie, come ogni anno, trova la “delegazione Lazio” del
Raggruppamento Nazionale Combattenti e Reduci RSI schierata ne l ricordo dei
giovani, giovanissimi, Caduti di Rovetta, insieme con i combattenti e, anche se
solamente sottoforma di lettera cartacea, con il nostro vice presidente Stelvio
Dal Piaz, il quale anche se non presente materialmente (ma ne siamo certi, sicuramente
in Spirito) ha raggiunto i presenti con la sua parola vergata.
Saluti, abbracci, pianti, risa, parole, celebrazioni, giovani, giovanissimi
e chi giovane è stato e magari dentro lo rimane; ma se anche i sentieri si
stanno coprendo di foglie morenti che ammantano sempre più le ombre del ricordo
di strade, forse migliori rispetto ad oggi, noi non dobbiamo dimenticare il
motivo della nostra presenza in questa occasione al Verano. La nostra non è, non
vuole, non deve essere una commemorazione di morti, ma una celebrazione di come
quei 43 ragazzi hanno vissuto e quindi del perché e per cosa sono morti. Fiori
appena maturi, se non acerbi, di quell’Italia e di quei Italiani che hanno amato
e che li hanno fucilati, 15 anni il più giovane 22 anni il più grande, hanno
vissuto più di tutti noi.
Dalla Gotica al Mortirolo assieme ai loro camerati della “Tagliamento” hanno
portato avanti qualcosa di più grande, qualcosa anche troppo grande per le loro
giovani spalle, inconsapevoli e spensierati artefici del loro stesso sacrificio
a se stessi. Eccoli i nostri esempi, li abbiamo davanti ai nostri occhi tutte
le volte che vogliamo, basta solamente la volontà, non solo di ricordare ma di
diventare nuovamente l’esempio stesso, noi e tutti quelli che percepiscono
ancora vivo il calore di questa fiamma che è la continuità ideale con chi fino
in fondo ha potuto gridare al cielo o strozzato in gola: “Non ho tradito!”.
Trovo bella e vera la recensione sulla 11^ Visita alla Tomba dei Caduti di Rovetta. Personalmente, aggiungerei al finale "Non ho tradito!" anche "Nè sono fuggito!".
RispondiEliminaPaolo Piovaticci, il fratello di uno di Quei Caduti